L’arte della moda
Museo Civico San Domenico Forlì
La moda dipinta, ritratta, scolpita, realizzata dai grandi artisti. L’abito che modella, nasconde, dissimula o promette il corpo. L’abito come segno di potere, di ricchezza, di riconoscimento, di protesta. Cifra distintiva di uno stato sociale o identificativa di una generazione. La moda come opera e comportamento. L’arte come racconto e come sentimento del tempo.
Come in uno specchio, l’esposizione forlivese del 2023 mette in rapporto l’arte con la moda: dalla Rivoluzione Francese alla Pop Art, fino alla nostra contemporaneità. Oltre 200 capolavori d’arte e 100 abiti dialogano in una mostra imponente, con un allestimento unico al Museo Civico San Domenico di Forlì.
La sintesi tra opera d’arte e moda l’ha definita Oscar Wilde: «O si è un’opera d’arte o la si indossa». Tutta l’arte ha sottolineato l’intimo legame che da sempre c’è con la moda, entrambe sono unite dalla volontà di riformare la natura e trasformare il reale.
Se il legame tra abito e ruolo sociale è proprio di tutte le civiltà organizzate, il principio di cambiamento costante della moda è l’effetto di un lungo processo storico e segna l’avvio della modernità. Mostrare i segni della ricchezza e del potere, farsi vedere ed essere visti assume già con l’Ancien Régime e poi, con le Rivoluzioni nell’età borghese, un significato programmatico e comunicativo. La moda si colloca al centro del potere e della sua comunicazione, della società e dei suoi segni simbolici. Sinonimo di lusso e seduzione, essa è specchio delle contraddizioni contemporanee, travestimento e arte dell’apparire, ma anche maschera e riflesso della crisi dell’io.
Cambiano gli stili e cambiano i materiali. Si aprono nuove produzioni. La ricerca dei materiali rivoluziona il mondo produttivo e quello commerciale fino alle attuali soluzioni tecnologiche. E con la diffusione cambiano i linguaggi e la comunicazione.
Ma è proprio la diffusione della moda che crea socialmente e culturalmente quella sua caratteristica bipolare che la caratterizzerà di lì in poi. Si tratta di elementi qualificanti che nelle forme dello stile sottolineano continuamente il passaggio tra trasgressione e omologazione, rottura e consenso, lineare e sontuoso, policromo e monocromo, natura e artificio, organico e inorganico, superfice e profondità, differenza e identificazione, per riprendere alcune delle antinomie di pensatori come Georg Simmel e Walter Benjamin.
L’arte ne è lo specchio e l’ispirazione, l’espressione e la diffusione dei modelli. Spesso la creazione stessa. Dalla fine dell’Ottocento e per tutto il Novecento il rapporto tra artisti e moda si fa più intenso: artisti che oltre a ritrarre l’eleganza, disegnano abiti e gestiscono la comunicazione della moda, stilisti che collezionano opere d’arte e ne fanno oggetto di ispirazione o il simbolo della propria contemporaneità.
Il rapporto tra arte e moda va da quel momento incrementandosi in un gioco delle parti che porterà la moda stessa a diventare un’arte, uno sguardo sulle cose del mondo come la filosofia, la letteratura, il cinema, e a ispirarsi all’arte stessa, in rimandi che dal secondo Novecento fanno dell’intera storia dell’arte, un riferimento costante, imprescindibile, soprattutto per il made in Italy.
Come ha sostenuto Mondrian, “La moda non è soltanto lo specchio fedele di un’epoca, bensì anche una fra le espressioni plastiche più dirette della cultura umana”.
Ideata e realizzata dalla Fondazione Cassa dei Risparmi di Forlì in collaborazione con il Comune di Forlì e il Museo Civico San Domenico, la mostra diretta da Gianfranco Brunelli e curata da Cristina Acidini, Enrico Colle, Fabiana Giacomotti e Fernando Mazzocca, si avvale altresì del lavoro del prestigioso comitato scientifico presieduto ad honorem da Antonio Paolucci e composto da Marco Antonio Bazzocchi, Silvia Casagrande, Simona Di Marco, Fabriano Fabbri, Mario Finazzi, Gioia Mori, Francesco Parisi, Paola Refice, Giorgio Restelli, Stefania Ricci, Ines Richter, Chiara Squarcina, Ulisse Tramonti.
Opere all'interno della mostra

Ritratto di cavaliere dell’Ordine Costantiniano
1740 circa, olio su tela. Milano, Museo Poldi Pezzoli - Vittore Ghislandi, detto Fra’ Galgario

Ritratto di cavaliere dell’Ordine Costantiniano
1740 circa, olio su tela. Milano, Museo Poldi Pezzoli - Vittore Ghislandi, detto Fra’ Galgario

Ritratto di Adolfo Belimbau
1897, olio su tela. Courtesy Società di Belle Arti, Viareggio - Vittorio Corcos

Signora in rosa
1901, olio su tela. Venezia, Fondazione Musei Civici di Venezia, Galleria Internazionale d’Arte Moderna di Ca' Pesaro - John Lavery

Donna e anemoni (Femme et anémones)
1920-1921, olio su tela. Torino, Pinacoteca Agnelli - Henri Matisse

Gilet - Panciotto di Marinetti
1923 - 1924, tarsia di stoffe colorate in panno di lana. Torino, Collezione Ugo Nespolo - Fortunato Depero

Superficie 76 BIS
1954 - 1958, olio su tela. Roma, Galleria Nazionale d'Arte Moderna e Contemporanea - Giuseppe Capogrossi

Princess Collection. Abito ispirato a Capogrossi
A/I 2017-2018, crepe in seta, raso, intarsi di velluto paillettes in cristallo Swarovski. Archivio Renato Balestra - Renato Balestra

Scalinata
1954, olio su tela. Fondazione Cassa di Risparmio della provincia di Macerata – Museo Palazzo Ricci - Massimo Campigli

Abito da giorno “Linea Assira”
1961, shantung di seta. Collezione privata, courtesy Archivio Germana Marucelli - Germana Marucelli