Art Déco. Gli anni ruggenti in Italia
Museo Civico San Domenico Forlì
Un gusto, una fascinazione, un linguaggio che ha caratterizzato la produzione artistica italiana ed europea negli anni Venti, con esiti soprattutto americani dopo il 1929. Ciò che per tutti corrisponde alla definizione Art Déco fu uno stile di vita eclettico, mondano, internazionale. Il successo di questo momento del gusto va riconosciuto nella ricerca del lusso e di una piacevolezza del vivere, tanto più intensi quanto effimeri, messa in campo dalla borghesia europea dopo la dissoluzione, nella Grande guerra, degli ultimi miti ottocenteschi e la mimesi della realtà industriale, con la logica dei suoi processi produttivi. Dieci anni sfrenati, “ruggenti” come si disse, della grande borghesia internazionale, mentre la storia disegnava, tra guerra, rivoluzioni e inflazione, l’orizzonte cupo dei totalitarismi.
Dopo le grandi mostre dedicate a Novecento e al Liberty, nel 2017 Forlì dedica una grande esposizione all’Art Déco italiana.
La relazione con il Liberty, che lo precede cronologicamente, fu dapprima di continuità, poi di superamento, fino alla contrapposizione. La differenza tra l’idealismo dell’Art Nouveau e il razionalismo del Déco appare sostanziale. L’idea stessa di modernità, la produzione industriale dell’oggetto artistico, il concetto di bellezza nella quotidianità mutano radicalmente: con il superamento della linea flessuosa, serpentina e asimmetrica legata ad una concezione simbolista che vedeva nella natura vegetale e animale le leggi fondamentali dell’universo, nasce un nuovo linguaggio artistico. La spinta vitalistica delle avanguardie storiche, la rivoluzione industriale sostituiscono al mito della natura, lo spirito della macchina, le geometrie degli ingranaggi, le forme prismatiche dei grattaceli, le luci artificiali della città.
Nell’ambito di una riscoperta recente della cultura e dell’arte negli anni Venti e, segnatamente, di quel particolare gusto definito “Stile 1925”, dall’anno della nota Esposizione universale di Parigi dedicata alle Arts Décoratifs, da cui la fortunata formula Art Déco, che ne sancì morfologie e modelli, nasce l’idea di una mostra che proponga immagini e riletture di una serie di avvenimenti storico-culturali e di fenomeni artistici che hanno attraversato l’Italia e l’Europa nel periodo compreso tra il primo dopoguerra e la crisi mondiale del 1929, assumendo via via declinazioni e caratteristiche nazionali, come mostrano non solo le numerosissime opere architettoniche, pittoriche e scultoree, ma soprattutto la straordinaria produzione di arti decorative.
Il gusto Déco fu lo stile delle sale cinematografiche, delle stazioni ferroviarie, dei teatri, dei transatlantici, dei palazzi pubblici, delle grandi residenze borghesi: si trattò, soprattutto, di un formulario stilistico, dai tratti chiaramente riconoscibili, che ha influenzato a livelli diversi tutta la produzione di arti decorative, dagli arredi alle ceramiche, dai vetri ai ferri battuti, dall’oreficeria ai tessuti alla moda negli anni Venti e nei primissimi anni Trenta, così come la forma delle automobili, la cartellonistica pubblicitaria, la scultura e la pittura in funzione decorativa.
Le ragioni di questo nuovo sistema espressivo e di gusto si riconoscono in diversi movimenti di avanguardia (le Secessioni mitteleuropee, il Cubismo e il Fauvismo, il Futurismo), mentre tra i protagonisti internazionali del gusto vanno menzionati almeno i nomi di Ruhlmann, Lalique, Dupas, così come la ritrattistica aristocratica e mondana di Tamara de Lempicka e le sculture di Chiparus, che alimenta il mito della danzatrice Isadora Duncan.
Ma la mostra ha soprattutto una declinazione italiana, dando ragione delle biennali internazionali di arti decorative di Monza del 1923, del 1925, del 1927 e del 1930, oltre naturalmente dell’expo di Parigi 1925 e 1931 e di Barcellona 1929. Il fenomeno Déco attraversò con una forza dirompente il decennio 1919-1929 con arredi, ceramiche, vetri, metalli lavorati, tessuti, bronzi, stucchi, gioielli, argenti, abiti impersonando il vigore dell’alta produzione artigianale e proto industriale e contribuendo alla nascita del design e del “Made in Italy”.
La richiesta di un mercato sempre più assetato di novità, ma allo stesso tempo nostalgico della tradizione dell’artigianato artistico italiano, aveva fatto letteralmente esplodere negli anni Venti una produzione straordinaria di oggetti e di forme decorative: dagli impianti di illuminazione di Zecchin, di Venini e della Fontana Arte di Pietro Chiesa, alle ceramiche di Gio Ponti e Guido Andlovitz, dalle sculture di Adolfo Wildt, Arturo Martini e Libero Andreotti, alle ceramiche Lenci o alle originalissime sculture di Sirio Tofanari, dalle bizantine oreficerie di Ravasco, agli arredi di Buzzi, Ponti e Portaluppi, dalle sete preziose di Ravasi, Ratti e Fortuny ai moderni figurini di Thayath per Madeleine Vionnet, come agli arazzi in panno di Depero.
Obiettivo dell’esposizione è mostrare al pubblico il livello qualitativo, l’originalità e l’importanza che le arti decorative moderne hanno avuto nella cultura artistica italiana connotando profondamente i caratteri del Déco anche in relazione alle arti figurative: la pittura e la scultura. Sono qui essenziali i racconti delle opere di Galileo Chini, pittore e ceramista, affiancato da grandi maestri, come Vittorio Zecchin e Guido Andlovitz, che guardarono a Klimt e alla Secessione viennese; dei maestri faentini Domenico Rambelli, Francesco Nonni e Pietro Melandri; le invenzioni del secondo futurismo di Fortunato Depero; i dipinti, tra gli altri, di Felice Casorati, Alberto Martini, Cagnaccio di San Pietro, Amedeo Bocchi, Luigi Bonazza, Anselmo Bucci, Giannino Marchig, Ubaldo Oppi, il tutto accompagnato dalla straordinaria produzione della Richard-Ginori ideata dall’architetto Gio Ponti e da emblematici esempi francesi, austriaci e tedeschi fino ad arrivare al passaggio di testimone, agli esordi degli anni Trenta, agli Stati Uniti e al Déco americano.
Non si è mai allestita in Italia una mostra completa dedicata a questo variegato mondo di invenzioni, che non solo produce affascinanti contaminazioni con il gusto moderno – si pensi per esempio al quartiere Coppedè a Roma o al Vittoriale degli Italiani, ultima residenza di Gabriele d’Annunzio – ma evoca atmosfere dal mondo mediterraneo della classicità, così come la scoperta nel 1922 della tomba di Tutankhamon rilanciò in Europa la moda dell’Egitto. E poi echi persiani, giapponesi, africani a suggerire lontananze e alterità, sogni e fughe dal quotidiano, in un continuo e illusorio andirivieni dalla modernità alla storia.
Trattandosi di un gusto e di uno stile di vita non mancarono influenze e corrispondenze col cinema, il teatro, la letteratura, le riviste, la moda, la musica. Da Hollywood (con le Parade di Lloyd Bacon o le dive, come Greta Garbo e Marlene Dietrich o divi come Rodolfo Valentino) alle pagine indimenticabili de Il grande Gatsby (1925), di Francis Scott Fitzgerald, a Gabriele d’Annunzio.
Opere all'interno della mostra

Studio preparatorio per la decorazione dello scalone delle Terme Berzieri a Salsomaggiore
1922, tempera su carta. Mugello, collezione privata - Galileo Chini

Mano della fattucchiera
1930-1935, porcellana. Sesto Fiorentino, Museo Richard-Ginori della Manifattura di Doccia - Gio Ponti

Studio preparatorio per la decorazione dello scalone delle Terme Berzieri a Salsomaggiore
1922, tempera su carta. Mugello, collezione privata - Galileo Chini

Mano della fattucchiera
1930-1935, porcellana. Sesto Fiorentino, Museo Richard-Ginori della Manifattura di Doccia - Gio Ponti

Archi e corde
1924, urna in porcellana. Sesto Fiorentino, Museo Richard-Ginori della Manifattura di Doccia - Gio Ponti

Busto femminile
1923, terraglia policromata. Milano, Castello Sforzesco, Civiche Raccolte d’Arte Applicata. - Gio Ponti, Gigi Supino

Vaso con gallo
1922 circa, terracotta dipinta e invetriata. Genova, Wolfsoniana – Palazzo Ducale Fondazione per la Cultura. - Roberto Rosati, Ferruccio Palazzi

Corteo orientale
1925-1927, maiolica. Faenza, Museo Internazionale delle Ceramiche - Francesco Nonni, Anselmo Bucci

Centrotavola con pesci
1930-1935, agata, corallo, lapislazzuli, argento. FAI – Fondo Ambiente Italiano, Villa Necchi Campiglio, Milano. - Alfredo Ravasco

Stella per Manifattura SALIR
Venezia, Coppa Sirena e luna, 1925-1928, vetro inciso. Venezia, SALIR - Guido Balsamo

Rosa Rodrigo (La bella)
1923, olio su tela. Courtesy Matteo Mapelli - Galleria Antologia, Monza - Anselmo Bucci

Leoni e leonesse addormentati
1922, carboncino, acquerello, guazzo, china e porporina su carta da spolvero. Terme di Sirmione SpA. - Duilio Cambellotti

Testa di manichino per Pierre Imans in “La Reine de Saba”
1925, tempera su carta. Fontanellato (Parma), Collezione Franco Maria Ricci, Labirinto della Masone - Erté

Casa degli Efebi
1925, maiolica. Sesto Fiorentino, Museo Richard-Ginori della Manifattura di Doccia - Gio Ponti

Notte d’estate
1913-1928, tempera su carta. Rovereto, Mart, Museo di arte moderna e contemporanea di Trento e Rovereto - Luigi Bonazza

La concezione
1921, marmo e doratura. Milano, Museo Nazionale della Scienza e della Tecnologia Leonardo da Vinci - Adolfo Wildt

Pannello del ciclo Le Mille e una notte
1914, olio su tela. Venezia, Collezione Marino e Marina Barovier - Vittorio Zecchin

Danza di diavoli
1922, tarsia di panni. Rovereto, Mart, Museo di arte moderna e contemporanea di Trento e Rovereto, Fondo Depero - Fortunato Depero

Pendant les Modèles,
1922, pochoir (incisione colorata a mano). Courtesy Archivio THAYAHT & RAM, Firenze - Thayaht (Ernesto Michahelles)

Studio per il Grattacielo S.K.N.E., New York,
1920, matita, inchiostro di china, inchiostro colorato e acquerelli su carta. Milano, Fondazione Piero Portaluppi - Piero Portaluppi

Fontana con uccellini
1925, ferro battuto. Genova, Wolfsoniana – Palazzo Ducale Fondazione per la Cultura - Carlo Rizzarda

Specchiera
1925 circa, legno di noce e specchi incisi con figure orientali. Galleria Pegaso - Meroni e Fossati

Abito da sera
1925 circa, raso di seta nero ricamato con cannucce e jais in vetro. Firenze, Gallerie degli Uffizi - Museo della Moda e del Costume. Provenienza: donna Franca Florio - Sartoria Ventura (?)